La nostra società sta faticosamente promuovendo il concetto di sviluppo sostenibile, affrontando nella pratica importanti aspetti dell’attività antropica (ad esempio il ciclo dei rifiuti, la mobilità) cruciali per l’affermarsi di questo modello di sviluppo. Tra questi non può mancare il consumo di energia e in particolare di corrente elettrica.
Le città vedono infatti un aumento costante dei consumi di elettricità. La domanda collettiva e individuale di benessere, direttamente proporzionale al grado di concentrazione urbana, è visibilmente in crescita, divenendo nel contempo più complessa e sofisticata ed elettricamente dipendente: nel periodo 2000-2010 i soli consumi domestici (quindi quelli maggiormente controllabili individualmente) sono aumentati di circa il 15% coprendo circa il 23% dei consumi totali di energia, valutabili in circa 70.000gwh/anno (dati GSE gestore servizi energetici www.gse.it).
La corrente elettrica è ormai usata per svolgere ogni tipo di attività, da quelle necessarie e socialmente utili (grazie alla precisione delle macchine, alla riduzione dei tempi, delle distanze e della fatica), a quelle decisamente più superflue: muoversi, riscaldarsi, refrigerarsi, cucinare, informarsi, comunicare, lavare, giocare sono solo alcune delle aree di attività nelle quali la corrente elettrica è sempre più usata, trasformando attività a basso consumo energetico in attività altamente energivore.
Non solo aumentano le aree di dipendenza da corrente elettrica ma si assiste ad un trend inversamente proporzionale tra crescita delle efficienza tecnologica (passaggio a luci led, classe A etc) e riduzione dei consumi elettrici vanificando l’upgrade tecnologico in termini di efficienza.
Infatti, se a livello di opinione pubblica si sta, faticosamente, affermando l’importanza di comportamenti individuali quali il riciclo e l’uso di una mobilità alternativa all’automobile a benzina, non è altrettanto chiaro, soprattutto tra i giovanissimi, quanto sia inquinante e ambientalmente sostenibile l’uso della corrente elettrica, favorendo un comportamento sovradimensionato probabilmente anche a causa di una delle principali qualità della corrente elettrica stessa: non emette inquinanti durante l’utilizzo finale.
Ma cosa succederebbe se le nostre attrezzature elettriche emettessero fumo o pericolosi inquinanti? le lasceremmo comunque accese anche se non ci servono? le useremmo anche per attività a basso livello di fatica o che possono essere sostituite dalla nostra forza o da comportamenti più intelligenti? insomma, saremmo pronti ad abusarne indipendentemente dai danni ambientali e sociali che producono?
Probabilmente no, almeno a giudicare dalle risposte che la società italiana ha sempre dato quando interpellata e correttamente informata su questioni di natura ambientale e sociale.
E’ quindi necessario compiere un’azione culturale simile a quanto è stato fatto e si sta ancora facendo per il riciclo o per l’adozione di una mobilità più sostenibile, un processo sociale che renda i cittadini più consapevoli circa il concetto stesso di energia, il suo impatto ambientale (pensiamo ad esempio al secondo principio della termodinamica) e in particolare informi su come avviene la produzione di corrente elettrica oggi (introducendo la distinzione tra rinnovabile o non rinnovabile in primis) e di quali sono le opzioni tecnologiche (maggiore efficienza) e comportamentali (gestione dei consumi) possibili per consentire uno sviluppo armonico e sostenibile.
Perché se è vero che la corrente elettrica aumenta il benessere individuale e sociale è altrettanto vero che se proviene da centrali elettriche fortemente inquinanti e strutturate secondo una logica vecchia di secoli o se i nostri comportamenti sono eccessivamente energivori e orientati alla pigrizia mentale (le abitudini) e fisica renderemo statiche le future generazioni e povero l’ambiente, togliendo futuro al nostro mondo: il principale motore dello sviluppo sostenibile sono le nostre scelte e la forza dell’opinione pubblica.